Less is more, si usa dire nel mondo del design, ma se si applicasse agli orari di lavoro? Si può lavorare meno e meglio?
Perpetual Guardian, società di gestione dei patrimoni neozelandese, lo ha sperimentato, riducendo le ore lavorative di una settimana standard da trentasette e mezzo a trenta e lasciando però invariati salario e quantità di prodotto lavorativo. Il test è durato otto settimane e ha coinvolto tutti i duecentoquaranta dipendenti, in collaborazione con l’Università di Auckland che ha misurato qualitativamente e quantitativamente i dati. I risultati della ricerca sono stati poi pubblicati e divulgati sul sito, insieme a una guida su come implementare nella propria azienda la settimana dei quattro giorni.
Infatti, dati gli ottimi risultati in fase sperimentale, il sogno è diventato realtà: i dipendenti hanno avuto un giorno libero in più alla settimana a partire da novembre 2018.
L’esigenza di utilizzare nuove forme di lavoro flessibile nasce dal fatto che i Kiwis, tra i Paesi dell’OCSE, hanno uno dei punteggi più bassi per produttività lavorativa.
La chiave per il successo è consentire al personale di proporre soluzioni sotto la guida e il coaching dei leader. Inoltre, l’azienda ha dimostrato che un dipendente con più tempo da dedicare alla vita extra-lavorativa non si occuperà di essa durante l’orario di ufficio. Basti pensare a quante ore si passano sul posto di lavoro tra pause caffè, utilizzo dei social, telefonate ai familiari ecc…
Questa formula è vantaggiosa sia per i datori di lavoro sia per i dipendenti: si hanno conseguenze psicologiche, sociali ed economiche positive. Lavorare meno rende più produttivi e stimolati e in aggiunta ha un buon incremento dell’empowerment.
Certo, questo modello non è applicabile a tutti i tipi di imprese e impiego; ma pensate se quelli che fossero in condizioni di implementarlo lo facessero!
Sofia De S.