“Il cuore scoperto”: un podcast che ci dice dell’Amore oggi

Che con l’Amore si abbia a che fare, si abbia di che fare solo quando in una relazione (socialmente prescritta e quindi monogama), è forse il più grande abbaglio della Storia umana. Io, che di relazioni amorose – nel senso di cui sopra – ne so poco, ne cerco poco e per le quali, ho scoperto, non nutro nemmeno questo grande anelito, ho, nonostante tutto, avuto grande esperienza di cosa sia l’Amore.

Di amori totalizzanti, nullificatori o profondamente fertili, di amori amati e traditi, affranti o rinfrancati, insicuri e immaginati, malfatti o genuinamente buoni, ne ho conosciuti molti insomma. E penso che, ad oggi, niente mi sia stato più prezioso che conoscere l’Amore, nel leggere la realtà del quotidiano che mi circonda e nello studiare l’evoluzione della mia persona nel corso degli anni.

Questo confuso preambolo per arrivare alla definizione che mi è forse tra le più care quando si parla d’Amore. Quella che ne dà bell hooks come “forza trasformativa”. In qualsiasi forma intender lo si voglia, poche persone non ne converranno che l’amore trasforma, in bene o in male, in modo irreversibile o meno. E forse oggi più che mai, di questa forza trasformativa abbiamo bisogno.

È di questo, di quanto e di come l’Amore possa e sappia essere forza trasformativa, permeabile alle definizioni più disparate, che racconta il podcast “Il cuore scoperto [Le Coeur sur la table] ideato dalla giornalista Victoire Tuaillon e la cui traduzione adattata dal collettivo transfemminista Associazione Vanvera

Riassumerlo qui non renderebbe giustizia a quello che ho trovato uno dei prodotti culturalmente più interessanti in tanto tempo. Gli episodi guidano in una disamina acuta dell’Amore nel XXI secolo; mettendo in discussione la scala gerarchica socialmente prescrittaci, che intende le amicizie come una ‘sala d’attesa’, territori provvisori e meno significativi dell’Amore inteso sempre ed esclusivamente come amore romantico. Come se nella vita la dicotomia amicizia/amore fosse irrisolvibile e per sempre irrisolta. La prima sempre e comunque a sacrificio del secondo.

In questo senso, la non monogamia non è da intendersi come un volersi legare romanticamente a più persone, quanto piuttosto come lo smettere di intendere la relazione amorosa/romantica come superiore a tutte le altre: riconoscendo l’interdipendenza affettiva e il ritrovato riposo che può legarci a più persone simultaneamente. Una non-monogamia-affettiva.

Egon Schiele, “Atto d’amore”

Senza cadere in settarismi antipatici ed ereditando fortemente dal pensiero di bell hooks, il podcast ci interroga sul senso attivo di “amare”, contrapposto allo squalificante “essere innamoratə”, termine che tradisce una passività deresponsabilizzante e che esclude dall’intenzione e dalla fatica che invece comporta l’amare come verbo attivo.

Riflettendo sulla necessità di trovare oggi nuovi codici affettivi, che rendano conto dell’Amore come pratica trasformativa, e sull’urgenza di focalizzare l’Amore per non relegarlo alla nebulosità di un mistero indicibile – ma, anzi, dotandoci della capacità di saperlo dire – ogni episodio è una riflessione scorrevole e uno spiraglio di luce nei nostri cervelli imputriditi su una definizione di questo sentimento impartitaci da Altri. 

Gaia Bugamelli