Scatole

La prigione vista da fuori non è poi così male: potrebbe sembrare la casa della nonna Cristina o la piscina dove faccio nuoto sincronizzato. Me la sono sempre immaginata come un castello diviso in scatole enormi, dove metterci dentro tutti i cattivi. Ma il mio papà non è un cattivo. I cattivi hanno gli occhi neri, le unghie sporche e la voce che fa paura. Invece, il mio papà ha gli occhi verdi, le unghie lunghe per suonare la chitarra e la voce che hanno i cantanti. La nonna Cristina dice che io in prigione non ci devo andare, che sono troppo piccola per vedere queste cose e che non devo saltare neanche un allenamento. La mamma, invece, dice che ci devo andare, che sono troppo piccola per non vedere il papà e che un allenamento lo posso saltare. Ci vado oggi per la prima volta. Mi infilo la felpa più bella che ho e mi allaccio le scarpe come ho imparato a fare a casa della nonna. Salto sul seggiolino della macchina della zia Chiara, cerco il bottone rosso per infilare la cintura e mi tolgo le scarpe. Vedo davanti a me i capelli della mamma attorcigliati intorno a una bacchetta cinese e gli orecchini rossi che le ha regalato papà a Natale. È così bella, ma da quando papà è chiuso in quella scatola non mi porta più al parco. Una volta ha detto alla zia Chiara che non dobbiamo farci vedere troppo in giro. Poi ha preso il giornale e l’ha sbattuto sul tavolo della cucina, di fianco alla tazzina piena di caffè. È scivolato sulla prima pagina e ha iniziato a gocciolare sui miei pantaloni nuovi. Si è arrabbiata tantissimo, mi ha detto che non mi compra più niente e che mi devo far bastare quello che ho. Arriviamo nel parcheggio. “Qui per i colloqui!” urla un poliziotto. Torno a guardare gli orecchini della mamma e penso che ha ragione la nonna Cristina: io in quella scatola non ci voglio entrare. Io rimango qui in fila con gli altri bambini.

Federica Mangano

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