Dal 2 al 10 settembre a Palau, un piccolo comune del nord Sardegna e famosa meta di turismo balneare, si è tenuto Isole che Parlano, festival di musica e fotografia alla sua XXVII edizione.

Ho partecipato come volontaria dello staff, nei ritagli di tempo che riuscivo a ricavare dal mio lavoro stagionale al porto, vendendo ai turisti giri in barca all’arcipelago della Maddalena. Dopo quattro mesi di lavoro alienante e ininterrotto, sentivo forte l’esigenza di proposte culturali e di relazioni umane significative, ma soprattutto di ricostruire un’immagine più eterogenea e positiva di Palau, compromessa dal clima conflittuale che si respira fra barcaioli concorrenti.

L’idea del festival nasce dai fratelli Nanni e Paolo Angeli, insieme all’associazione Sarditudine, fondata da un gruppo di amici nel 1993. Pur essendosi allontanati per studiare, è rimasta la volontà di mantenere amicizie e attività nel paese e di portare a Palau quello che hanno conosciuto fuori. Una espressione utilizzata da Nanni durante la nostra intervista mi ha particolarmente colpito: senza mai mollare gli ormeggi. La metafora nautica risuona con il mio mestiere estivo, ma ha a che fare con l’affetto per un territorio, con la voglia di prendersene cura.

È da questa volontà che nasce la proposta culturale del festival, che ospita ogni anno una mostra fotografica (quest’anno è stata la volta di Paola Agosti) e molti concerti di artisti internazionali, scelti per la loro ricerca musicale innovativa e sperimentale operata su generi e strumenti tradizionali. Le esibizioni si tengono in luoghi suggestivi e significativi per la cultura del territorio, tenendo insieme mare ed entroterra, con un occhio di riguardo per l’impatto ambientale, prevedendo anche degustazioni di eccellenze enogastronomiche della regione. Il festival, inoltre, attraverso i laboratori artistici per i bambini, dà importanza alla vita comunitaria e al coinvolgimento della cittadinanza di un paese che d’estate, a causa del turismo di massa, è sotto ai riflettori, mentre d’inverno si spegne.

Ho percepito in varie forme i richiami al valore positivo della contaminazione, contrapposta all’illusione sterile della purezza, a partire dal nome, Isole Che Parlano, che richiama il dialogo fra arti, fra innovazione e tradizione, ma anche fra persone con età e provenienze diverse, parte dei volontari, dei tecnici, degli artisti che durante questa settimana condividono la convivialità senza differenze.
Noemi Calgaro
© Credit immagini: Courtesy Francesco Conversano e Fabian Volti per Associazione Sarditudine.