Alle scale piace cambiare. Chiunque abbia detto questa frase, sicuramente ci vedeva lungo. Provate a chiedere a qualunque scala vi capiti sotto ai piedi e tutte vi racconteranno di quanto sia noiosa la vita, sempre a stare nello stesso posto, con la stessa inclinazione, a essere sempre calpestate in su e in giù. Tutti i giorni la stessa storia. Direte: «Beh, sono scale, cosa pretendono? È il loro mestiere.». Sì, ma mica l’hanno scelto loro. Sono binari imposti da chi le ha costruite, con buona pace di farseli pure andare bene. Mica giusto, se posso permettermi.
«Ma tu che ne sai?» potreste chiedermi, e a buon diritto.
Si dà il caso che io sia proprio una scala. E non una qualunque.
Collego due parti di un sentiero panoramico da cui si può ammirare il lago di Garda. Sono fatta in ferro verde, ho duecentotrentotto gradini a griglia in cui passano vento e pioggia e sono abbastanza lunga da avere diverse piazzole di sosta dove persone e animali riposano le zampe. La mia vera particolarità, però, è che sono puntellata a una parete rocciosa con spesse travi e sono sospesa nel vuoto. La mia, effettivamente, è una zona tra le più impensabili per una scala. Non mi trovo in un palazzo, né all’ingresso di un negozio e nemmeno in una piazza famosa. Rimanga tra noi: pure tra le mie amiche scale c’è chi gode di certi privilegi – pulizie costanti, foto, articoli di giornale e via dicendo – e chi invece non ne ha e si accontenta di finire su qualche rivista di settore, ma la maggior parte sono del tutto dimenticate.
Tornando a me, mi trovo in una posizione particolare. Quando le persone mi vedono è tutto un wow oppure che paura, ma dalle foto mi tagliano spesso e volentieri perché rovino il paesaggio. È frustrante, sapete? Non avere mai un minimo di considerazione. Mi piacerebbe dire a queste persone che – se non fosse per me che sto lì a prendermi il caldo il gelo, le tempeste e a farmi rosicchiare dalla ruggine – col corno che potrebbero passare da una parte all’altra del sentiero e farsi tutte le loro passeggiate nella natura. Roba da chiodi. Certo, è bello dove sto io, ma vedo sempre lo stesso scorcio di lago, le stesse cime degli alberi e lo stesso rettangolo di cielo. Vorrei solo vivere qualche avventura.
Ogni tanto, mi tengono compagnia alcuni animali di passaggio la notte: lupi, volpi, faine, cerbiatti, scoiattoli, talpe, falene, ragni e pipistrelli. Gli orsi, invece, preferiscono percorrere la strada più lunga, ma non mancano di salutare da lontano con urli gutturali e amichevoli. Io sono sempre più malinconica perché vorrei andare via con loro e vivere le storie che mi raccontano dai boschi.
Tuttavia, il momento che preferisco è l’arrivo del mio amico Ututh, un vecchio gufo solitario: riconosco il frullio delle ali a decine di metri di distanza. Quando lo vedo planare in ampi cerchi, lo accolgo con un cigolio di bulloni. Si posa proprio al centro – lo fa tutte le notti – e mi saluta con un tap tap di zampe sulla ringhiera, come si farebbe a una vecchia amica.

Giulia Badano