Vi sono persone che a vent’anni vengono prese da una strana forma di presunzione, per la quale credono di sapere già ogni cosa. Alice era tra queste: ostentava il suo essere saccente e negava l’importanza di ciò che ignorava con la massima sicurezza e noncuranza. Tra i suoi argomenti più sottovalutati vi era il cardine umano dell’amore, sentimento che lei sbeffeggiava con fierezza quotidianamente di fronte ad amici e familiari, definendolo come una sorta di ‘crudele chimera’ da cui era molto lieta di stare lontana. Alice non si era mai innamorata in vita sua e, come tutto ciò che sembra lasciarci all’apparenza indifferenti, in realtà ne soffriva molto; la sua unica arma contro questo restava nello svilire e sminuire gli innamorati. Che, prima o poi, Alice sarebbe diventata parte di loro, era ben lungi dalla sua considerazione.
«Come puoi proprio tu parlare d’amore, quando è ovvio che non sai nemmeno cosa sia?» – le diceva chi si opponeva alla sua crociata antiromantica; ma Alice, con sguardo altero e testa alta, continuava per la sua strada, senza comprendere il motore primo del nostro mondo, ciò che era di ispirazione per la bocca dei poeti e spinta per la mano dei pittori. Sebbene affascinata, mai cedeva di un solo passo alla battaglia contro i propri mulini a vento, fiera e risoluta in una causa persa.
Ma poi venne anche per lei quel sentimento: si schiuse nel suo petto e mise radici, aveva trent’anni e molte meno certezze; forse questo le permise d’essere abbracciata da qualcosa di nuovo e straordinario nel suo dolce mistero. Con le gote arrossate e gli occhi sgranati, guardava all’amore come a quelle meraviglie che solo l’occhio genuino e innocente di un bambino può ammirare la prima volta, nel bocciolo della sua età lieta e colma di scoperte.
«Invincibile nel suo gioco è Afrodite divina.»
Elena Rossi
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