Steven Passaro, The Act of Growth e Upcycling
La parola chiave nel mondo della moda oggi è sostenibilità. L’hanno capito i grandi marchi ma anche designer emergenti come Steven Passaro, che ci racconta: «Alcuni anni fa, ho avvertito un’industria e un mondo senza senso. Ho voluto creare un mio brand non per il semplice gusto di farlo. L’ho voluto creare in modo tale che potesse essere in qualche modo significativo ed educare le persone verso l’impegno di uno stile di vita sostenibile».
Poi avverte: «La difficoltà odierna è riconoscere il Greenwashing» – ossia la strategia messa in atto da alcune organizzazioni con lo scopo di costruire un’immagine ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale, in modo tale da distogliere l’attenzione sugli effetti negativi per l’ambiente causati dalle proprie attività.
Steven Passaro continua: «La scelta più difficile è quella dei materiali. Bisogna tenere conto della loro funzione, del design e di come voler curare l’indumento. Io ho deciso di scegliere materiale upcycled» – per upcycling si intende il processo di trasformazione di materiali di scarto in nuovi prodotti di qualità – «Ma il vero impatto di questo brand è la scelta del modo in cui consumiamo la moda tramite il concetto di Act of Growth, creando indumenti evolutivi». Un’idea originale: l’abito di una collezione resta alla base delle collezioni successive, dove vengono proposte delle ‘estensioni’ per rinnovarne il design, in modo da garantire agli indumenti una vita più lunga.



Agritessuti, Orange Fiber, H&M e Salvatore Ferragamo
Un esempio curioso di upcycling è il marchio Agritessuti che produce tessuti ecologici realizzati con scarti di ortaggi e frutta. Le origini di un agritessuto possono essere molteplici: canapa, lino e gelso da seta arricchiti di tinture derivate da scarti agricoli di frutta e verdura come foglie di carciofo o bucce di cipolla, ma anche radici, residui di potatura di ulivi e ricci di castagno.
È interessante notare come l’utilizzo di agritessuti stia prendendo piede anche nel fast fashion: è il caso di H&M e la sua linea Conscious Exclusive lanciata nel 2019, dove per la realizzazione di vestiti, stivali e giacche ha impiegato pelle di ananas e seta ricavata da fibre di arancio.


Ogni anno, l’industria delle arance produce 700.000 tonnellate di lavorazione di sottoprodotto che deve essere smaltito, con costi elevati sia a livello economico che ambientale. Il brevetto messo a punto da Orange Fiber permette di trasformare questo residuo di lavorazione in un tessuto di qualità.
Questo tessuto è stato anche impiegato da Salvatore Ferragamo in Capsule Collection Orange Fiber, una linea omaggio alla creatività mediterranea, presentata nella 47° edizione dell’Earth Day, Giornata della terra.

Sneakers in agritessuti grazie a ID.EIGHT
C’è chi punta ‘in basso’: non solo vestiti, ma anche sneakers in agritessuti, ecologiche e cruelty free. Si tratta del brand ID.EIGHT con una tomaia in similpelle di ananas realizzata con scarti provenienti da questo frutto. Ogni anno si producono circa 40.000 tonnellate di foglie di ananas che essendo considerate materiale di scarto vengono bruciate. Invece grazie a ID.EIGHT da 480 foglie, derivanti da circa 16 piante di ananas, è possibile ottenere un metro quadro di similpelle.
La tomaia è anche realizzata in similpelle di vino e di mela, ricavate dalla bio-polimerizzazione della vinaccia e delle parti non commestibili delle mele.


Una particolare attenzione merita anche il packaging di questi prodotti, realizzato con 80% di polietilene riciclato. Al suo interno viene inserita anche una ‘bomba di semi di fiori’ – una pallina di terra e semi di fiori ricoperti di argilla – da piantare in un vaso, o da lanciare in una zona grigia della propria città, per contribuire alla creazione di un habitat più favorevole alla vita delle api, fondamentali per la sopravvivenza del genere umano.
Marta Federico
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