La sentenza

L’atto in sé non era stato premeditato. Non erano stati elaborati piani macchinosi per fare ciò che era stato fatto; nessuna progettazione, nessun programma curato nei minimi dettagli, nessuno schema fatto di step da seguire, nessuna intelligenza maligna dietro tutto l’accaduto. Era successo, punto e basta. Era successo un pomeriggio, un pomeriggio come tanti altri, in una residenza familiare non lontana dal centro, intorno alle cinque. Nessuno aveva sentito niente e nemmeno il cane, nonostante il prodigioso olfatto, nemmeno lui era riuscito a fiutare il pericolo nell’aria. Eppure, quando i bambini erano rientrati da scuola, seduti intorno al tavolo della cucina intenti a disegnare, la disgrazia! Se solo l’ora del rientro fosse stata posticipata, se solo la merenda fosse durata due minuti in più, se solo i bambini avessero scelto di giocare in giardino, anziché disegnare, se solo… ma i limiti insuperabili furono superati quel pomeriggio e ora il colpevole attendeva con angustia l’unica pena possibile: la morte. 

Come era stato possibile non distinguere i confini da non superare? Come? Come non riconoscere i limiti imposti in maniera così nitida? Come ignorare il margine tracciato nero su sfondo bianco? Senza alcun tipo di spiegazione, in quel pomeriggio come tutti gli altri, la matita rossa non era stata in grado di controllare il suo impeto di invadere col suo colore tutto il foglio, infrangendo la regola numero uno delle matite colorate: non superare i bordi. Il disegno ora aveva perso completamente il suo senso e la felice coccinella stampata si era trasformata in una sorta di drago deforme le cui ali spigolose superavano addirittura i confini del foglio, irradiandosi sui fogli sottostanti, fino ad arrivare a coprire una buona parte della superficie del tavolo. C’era rosso dappertutto; veramente dappertutto! Ecco allora la babysitter arrivare, afferrare il polso del bimbo per togliergli dalla mano la matita incriminata. Afflitta dalla sua stessa colpa, la matita non fece altro che attendere la sua punizione, consapevole di aver commesso un atto imperdonabile. Ma alle 18 e 01, con sua enorme sorpresa, rientra la mamma. Con ancora la giacca addosso, la mamma si accinge a dare uno sguardo alla scena del delitto. Impossibile non ridere di gusto per la sciocchezza commessa dal figlio: 

« Oh la la matita rossa, ma che pasticci ci fai! » disse la mamma rivolgendosi alla matita mentre accarezza la testa del figlio. « Ora ti rimettiamo nell’astuccio così entro domani ti fai spiegare dalle tue compagne matite come si colora senza uscire dai margini! Forza bambini, sistemate tutto che tra poco si mangia! »

A quelle parole, con la massima riconoscenza concepibile, la matita rossa ringraziò  in cuor suo la mamma, la babysitter, l’universo e la vita, per la possibilità di poter- domani – tornare a disegnare. 

NOTA: Questo racconto nasce per ricordare che oggi, il 10 ottobre, si celebra la Giornata europea e mondiale contro la pena di morte.

Mishel Mantilla

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