Ascoltate la mia penna: un giorno tornerò nel mondo libero

Nell’azzurro Pacifico appena sopra l’Australia, c’è un’isola di nome Manus che appartiene allo stato della Papua Nuova Guinea. Qui vivono centinaia di profughi tenuti in custodia cautelare perché non idonei a sbarcare in Australia. Tra questi, c’è un uomo dai capelli lunghi e la barba folta: non ha commesso nessun reato se non quello di nascere curdo e voler diventare scrittore.

Beroutz Boochani è un romanziere e giornalista curdo nato in Iran: sta vivendo tutti i suoi trent’anni in un centro di detenzione a Manus perché nel 2013, sbarcato alla frontiera australiana, ha ricevuto una secca risata dall’ufficiale che gli aveva chiesto che lavoro facesse. ‘Faccio lo scrittore’. No chance: Beroutz è stato trasferito a Manus senza giusto processo, diventando un reietto del mondo libero in una prigione a cielo aperto.

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Tutto comincia quando, agli inizi della sua carriera, Behroutz testimonia l’arresto di tanti suoi colleghi, troppo scomodi al governo iraniano, e per questo decide di scappare dal suo paese natale. Sceglie la strada verso l’Australia attraverso un viaggio per mare che comincia dall’Indonesia. Vede nella grande isola uno sfondo perfetto fatto di pluralismo e libertà di movimento, oltre che di tante opportunità lavorative.

Ho viaggiato per mare sognando l’Australia. Quel che ho raggiunto è una detenzione a tempo indeterminato in un’isola piena di disperati come me’. Behroutz non ci sta. Quando passano gli anni ma la sua condizione rimane la stessa, vuole raccontare l’esperienza disumana cui sta assistendo scrivendo articoli dal punto internet dell’isola, e quando un editore lo contatta per chiedergli di scrivere un libro, il romanziere curdo non esita un secondo.

Scrive dalla sua cella, mandando messaggi whatsapp al suo traduttore inglese. ‘Pensavo che scrivere su carta sarebbe stato molto più problematico. Sono parole scomode le mie: pensavo non sarebbero mai arrivate a destinazione. Ma con whatsapp è stato diverso. Il mio amico e traduttore Omid ha dato una forma ai miei messaggi cucendoli insieme.’

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Behroutz scrive da un telefono che non dovrebbe avere con sé e che nasconde ogni giorno tra le doghe del letto. Gli sequestrano due cellulari da quando inizia il libro: rischia grosso ma alla fine riesce nell’intento.

A inizio 2019, esce la pubblicazione della sua autobiografia intitolata Nessun amico se nn le montagne. I suoi lettori più famelici sono australiani. Ascoltano le conseguenze della rigida politica migratoria del loro paese, e le parole di Behroutz tessono una tela di informazione che copre l’intera grande isola, tanto che con il suo libro lo scrittore curdo vince il più prestigioso premio letterario australiano, il Victorian Prize.

Se la riconoscenza letteraria suscita nell’autore speranza e positività per il futuro, la vita di Behroutz rimane ancora la stessa, immobile e senza reali prospettive di certezza. Ora sono sei anni che è imprigionato nell’isola di Manus, e l’unico modo che abbiamo per esprimergli vicinanza è leggerne l’opera. Magari, un giorno, potrà varcare quella terra tanto cercata che tra gli uomini l’ha già fatto re. 

Pietro Battaglini

© Credit immagini: link + link + link

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