Roberta Paraninfo, è direttrice di coro e fondatrice dell’Accademia Vocale. La musica, ci racconta, è la sua «principale ragione di vita». È da poco tornata da un viaggio di tre settimane a Betlemme per collaborare a un progetto musicale palestinese: l’impatto con questa realtà è stato ‘positivamente’ scioccante.
Nel suo lavoro quotidiano, Roberta e le sue giovani formazioni corali, si rendono veicolo per la musica. La voce prende corpo, vive e trasmette energia. Giovani generazioni genovesi crescono irrobustite dalla potenza della musica. «Lavoro con bambini e ragazzi, e offro loro lo sguardo per guardare attraverso loro stessi. La musica va seminata, e mi sento una buona contadina in questo senso».
Tra le interpretazioni più varie e soggettive, Roberta vede nella musica «una forma d’arte straordinaria» che si differenzia dalle altre arti poiché «si esprime attraverso un linguaggio non fisico, a differenza della pittura e la scultura. Può unire tutti gli esseri umani, senza renderli conformi ma alimentando la diversità di ognuno. Direi che nasce per integrare le diversità».
La musica tocca i vertici quando tutto funziona, quando ciò che ti circonda fa sì che la musica si realizzi. Tuttavia, quando ci si imbatte in un contesto precario, la musica assume un significato diverso. «La musica in quel caso è salvezza. E il mio recente viaggio in Palestina parla chiaro».
Roberta è stata ospitata da due amici che si sono avventurati nella creazione di un progetto corale nei territori palestinesi. L’associazione si chiama AMWAJ, che in arabo significa ‘onda’, e mette in relazione bambini palestinesi di tutte le età, e di diverse provenienze.
Mathilde e Michele, i realizzatori di questo progetto, si sono conosciuti in Palestina. Dopo aver archiviato il loro passato – rispettivamente parigino e londinese – decidono di dar vita all’associazione corale sulla base della loro alta formazione musicale. AMWAJ offre oggi un ventaglio di attività che vanno dal canto corale, alla tecnica vocale, dalla teoria della musica alle lezioni di strumento e percussioni, dal teatro a molto altro ancora. L’obiettivo è quello di fornire un’alta preparazione musicale a un vasto numero di bambini.
«C’è chi arriva dai campi rifugiati e c’è chi invece abita a due passi dall’associazione. Non c’è odio, non c’è oppressione, non c’è rassegnazione. C’è, al contrario, integrazione attraverso le diversità. E così la musica adempie al suo scopo». La direttrice, inoltre, esprime il suo punto di vista sulla crisi umanitaria che si respira in Palestina: «L’occupazione israeliana in quei territori è una vera e propria guerra quotidiana e silenziosa fatta di tanti piccoli episodi. È una morte lenta, e ai palestinesi manca una prospettiva di certezza».
Sappiamo quanto sia importante che i bambini sviluppino la loro creatività, «l’associazione AMWAJ offre ai bambini un rifugio dove provare a essere spensierati. I miei amici sono due folli, hanno creato qualcosa di davvero straordinario. Sono convinta che la musica, ancora una volta, offrirà ai giovani la speranza per continuare a resistere».
Pietro Battaglini
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