Al telefono

In una mano il telefono, nell’altra una ciocca di capelli che stiro e arriccio tra le dita. Seduta scomposta, con il piede nudo appoggiato alla scrivania faccio dondolare la sedia.

Periodicamente dico «mmm, sì sì, è vero» e annuisco, anche se lei, dall’altra parte del telefono, non può vedermi.

Il lavoro è pesante e noioso, la gatta ha vomitato sul tappeto che le aveva regalato sua mamma 4 anni fa, il fidanzato non le dà più attenzioni come una volta, sta pensando di diventare vegana, l’altro giorno ha finito un libro bellissimo che «tesoro devi troppo leggerlo, ti cambierà la vita».

Guardo fuori dalla finestra, sento un brusio nell’orecchio, ma la mia mente sta vagando altrove.

«Oooh Greta, ma mi stai ascoltando?».

Il rimprovero di Marta mi richiama al presente, «sì scusami, mi sono persa».

«Sì però saranno due mesi che ti sei persa, a un certo punto dovrai iniziare a reagire».

La sua rabbia mi coglie impreparata, «Lo so hai ragione, è un periodo un po’ così, ma poi passa. È che sta cambiando tutto così velocemente».

«Greta, due mesi. Non cercare scuse», non c’è più nessuna traccia di rimprovero nella sua voce, percepisco rassegnazione mista a stanchezza.

Sto un po’ in silenzio, perché cosa c’è da dire se anche la tua migliore amica inizia a non farcela più?

«Senti, adesso chiudiamo questa telefonata, tu ti vai a fare una bella doccia, ti metti quel vestito rosso che ti sta tanto bene e tra 45 minuti ci vediamo al solito bar».

«Va bene, a dopo», sospiro prima di chiudere.

Mi alzo senza troppa convinzione ed eseguo gli ordini passo dopo passo. 

Lo shampoo e l’acqua mi scivolano lungo la schiena e io penso alla mia vita. Quanto può durare una fase che non è né bianco né nero? Perché cambiare mi fa sempre paura? 

© Credit immagini: Foto di Lucija Rasonja da Pixabay

Melda Mehja

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