Partire o non partire

A volte sento che qua non c’è niente che mi lega e vorrei fare le valigie e andare via. Dove non lo so nemmeno io, perché poi ho paura di non riuscire a chiamare nessun posto “casa“.

A volte sento che non partirò mai e non mi dispiace, però mi pesa che tutti partano e sento che forse un po’ loro si aspettano che anche io vada via, almeno per un po’.

Per tanto tempo ho sognato una vita avventurosa, senza radici, zaino in spalle e un paio di scarponcini robusti ai piedi.

Il mare. Quanto ho sognato di vivere al mare, alzarmi la mattina, stiracchiarmi e guardare fuori dalla finestra, senza distinguere la linea che separa il cielo dal mare.

Le giacche non mi sono mai piaciute, quando fa freddo non mi va di fare niente e non mi piace quando non mi va di fare niente. Mi fa sentire incompiuta. E così penso: “è forse un posto caldo la soluzione?“.

Aver compiuto 25 anni e aver realizzato piano piano la fatica fatta per avere queste radici, sempre più solide. E mi piace avere del terreno stabile sotto i miei piedi. Mi piace poter saltare senza paura di farmi male, perché so che ci sarà sempre qualcuno pronto ad attutire la caduta.

«Le persone al sud sono più felici, perché c’è il sole» sento dire. Ma a me Torino piace, anche se spesso d’inverno non mi va di uscire quando fuori c’è la nebbia e tutto è grigio.

Qua mi sento come quando la notte vado a bere un bicchiere d’acqua e non mi serve accendere le luci, tanto la strada la conosco. 

Di Torino mi piace anche che in realtà non la conosco ancora davvero, ma ci sono posti che guardo e mi sembra di guardare un ricordo: la panchina del nostro primo bacio, la gelateria dove ho festeggiato il mio primo esame all’università, l’albero sotto cui mi sono messa a leggere un milione di volte, la fermata del 18 che non passa mai e quando passa non lo prendo perchè non c’è più spazio.

Se penso a Torino penso a Santa Giulia che non è più la stessa, ma il mio cuore è fermo a quelle serate una uguale all’altra, seduti in cerchio in mezzo alla piazza perché era impossibile trovare anche solo una sedia libera. Ci bastava una birra, un bicchiere di vino della casa a 1€ che “non è buono, ma costa poco” e un bicchiere di Porto per sentirci veri abitanti di quella piazza. Parlare con gli sconosciuti e ballare con quel ragazzo che portava la cassa e metteva musica brutta. 

È cambiata Torino o sono cambiata io? Non lo so, però non ci riesco a partire e lasciar andare tutto questo.

© Credit immagini: Foto di Fabio Fistarol su Unsplash

Melda Mehja

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