Sorrisi oltre i conflitti. Voci dalla Bosnia Erzegovina

Alla biforcazione sulla strada principale per Mostar, in Erzegovina, appare un casolare, simile a tanti altri. Il nostro furgone, con targa croata, accosta nel cortile aperto dell’abitazione.

Scendiamo, l’aria è fresca in questi ultimi giorni di dicembre. Il panorama si apre di fronte a noi, con colline avvolte in un verde fitto che si estende all’orizzonte. Una signora ci viene incontro emozionata. Le rivolgiamo un cenno con la mano per salutare, mentre chiediamo all’interprete come si dica “Buongiorno” in lingua slava: “Doberdan”.

Dal bagagliaio del nostro furgone prendiamo i sacchi preparati con cibo in scatola: per lo più pasta, biscotti, farina e zucchero. In Bosnia ed Erzegovina, molte famiglie affrontano ancora difficoltà economiche a seguito del genocidio e delle guerre degli anni ’90, e lo Stato fatica a garantire loro condizioni di vita adeguate.

   

Varchiamo la soglia dell’abitazione, notando subito un letto da ospedale che domina la stanza principale. Un signore sta finendo colazione da sdraiato. La moglie, con uno sguardo affettuoso e un sorriso, asciuga una lacrima che le scende dolcemente sul viso.

“Good morning” ci saluta il signore anziano. La sua figura dimostra la fragilità e la magrezza evidenti dell’età avanzata, un grande sforzo nei movimenti. Tuttavia, sul suo viso si legge una simpatia beffarda e un sincero interesse nei nostri confronti. Riecheggiano in noi le parole dette la sera prima dai volontari di Gioventù Missionaria con più esperienza: “Anche se non parlerete la stessa lingua, vedrete come la comunicazione non verbale svolgerà un ruolo significativo nella comprensione degli stati d’animo e delle parole non dette”.

Ci sediamo sui divanetti di fianco al signore e gli sorridiamo. Tramite l’aiuto dell’interprete, inizia a raccontarci delle sue vicissitudini, del lavoro svolto in Iraq e del ritorno “a casa”, che non è avvenuto come sperava. Con sguardo intenso, ci rivela che ha dovuto fuggire dalla guerra insieme a sua moglie e i suoi figli, lasciandosi alle spalle tutto ciò che conosceva.

Ciò che mi colpisce è la speranza che riesce a trasmettere attraverso le sue parole, priva di malinconia e rancore. Nonostante le difficoltà, emerge dalle sue parole un senso di fiducia nella sua terra, un luogo che ancora deve faticare molto per far coabitare popoli e religioni diverse.

Le radici di una terra contesa, ma di una terra che sicuramente può solo imparare dal passato per costruire un clima di armonia.

“Dovremmo apprezzare ciò che abbiamo, riconoscere ciò che la vita ci offre e compiere piccole azioni per il nostro bene e per quello degli altri” ripete lui. La signora ci porge dei dolcetti fatti in casa, e insiste affinché li accettiamo. La sua generosità è straordinaria: nonostante abbiano poco, sono pronti a condividere con gli altri.

Mentre torniamo nel furgone con gli altri volontari, ci accorgiamo di come quei sorrisi trasmettano un messaggio autentico, intriso di rispetto, uguaglianza e comprensione, che si eleva al di sopra delle differenze umane.

Compiti a casa: riconnettersi con una persona attraverso un’esperienza condivisa, come ad esempio andare al cinema insieme.

Amalia Marchetti

©Credit foto: Courtesy of Amalia Marchetti

                              

Un pensiero su “Sorrisi oltre i conflitti. Voci dalla Bosnia Erzegovina

  1. Tante grazie per raccontarci fatti e gesti piccoli che ci aiutano a scoprire qualcosa della grande potenzialità di bontà nei cuori umani…

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