72 ore.
“Sii forte.”
72 ore.
“Non piangere, si risolverà tutto.”
72 ore.
“Vedrai, tornerà a casa.”
Sono Giulia, ho 23 anni e vivo in una società patriarcale e maschilista all’interno della quale vengo costantemente invalidata, si dà sempre per scontato il mio consenso e la mia approvazione e anche quando esprimo esplicito dissenso, si dà per scontato di sapere meglio di me quello che voglio.
E questo succede perché vivo in una società che autorizza e giustifica la violenza di genere banalizzandola e non facendosi carico di quello che è a tutti gli effetti un problema sociale e culturale.
Ma finché la situazione rimarrà questa, ci saranno sempre vittime.
Io che in questo preciso momento vi sto parlando, tra 72 ore – perché questi sono i dati, in Italia viene uccisa una donna in media ogni 72 ore – tra 72 ore potrei essere sul fondo di un burrone o dentro un sacco della spazzatura, i miei sogni e le mie speranze bruciati sul ciglio di una strada, accanto al mio cadavere.
La prossima sarò io. Ma sarai anche tu. Sarà tua sorella, la tua migliore amica, tua figlia. Le prossime saremo noi. Non possiamo più aspettare, il cambiamento va attuato adesso ed è una responsabilità di tutti.
In questi giorni ho visto spesso su Instagram lo slogan: “proteggi tua figlia educa tuo figlio”. Ma ricordiamoci che lo spazio di movimento non è solo maschile: è giusto e necessario educare i bambini e gli uomini, ma le donne sono parte attiva del cambiamento culturale da mettere in atto e per uscire dalla visione patriarcale, occorre iniziare a vedersi non solo come vittime, ma anche come soggetti attivi e agenti del cambiamento. Dobbiamo valorizzare le nostre potenzialità come persone lavorando sulla nostra autodeterminazione per riprenderci lo spazio che ci è stato tolto.
Ognuna a modo proprio, che sia con un semplice monologo o che sia con grandi riforme e cambiamenti politici. Ma facciamo qualcosa, perché siamo stanche di piangere le nostre sorelle.
Giulia Facchetti