Cura e diseguaglianza

I dati riguardanti il mercato del lavoro a livello globale oggi ci dicono che al suo interno emerge una persistente diseguaglianza di genere, che si manifesta in diversi modi. 

Il primo elemento che si nota è la minore partecipazione femminile al mercato del lavoro oggi, che si attesta sopra il 50%, a differenza di quella maschile all’80%. Inoltre, si osserva una maggiore difficoltà delle lavoratrici donne di ottenere una promozione o il raggiungimento di una posizione apicale, strategica in termini decisionali e di maggiore remunerazione (“segregazione verticale”). La disparità salariale non può non essere nominata: si è stimato che, nei paesi OECD, per ogni dollaro guadagnato da un uomo, una donna ne prende 0.88. 

Le cause?

La visione di una parte della letteratura economica, per cui queste problematiche siano riconducibili esclusivamente a differenze di preferenze individuali o diverse propensioni e attitudini tra generi, è superata: sempre più spesso si tiene conto di fattori esterni come stereotipi di genere, impatto della genitorialità e discriminazioni. Proprio queste sono tra le cause identificate da Claudia Goldin (Harvard University), che per il suo lavoro riguardo il tema del ‘gender gap’ ha ricevuto il mese scorso il Nobel per l’economia.

In particolare, il gap salariale dipende meno spesso da una semplice e conscia discriminazione. Viceversa, deriva da una differenza di compiti, ruoli e responsabilità assunte dai due generi in contesti aziendali per esempio, o ancora, dalla concentrazione di donne in certi settori che sono caratterizzati tradizionalmente da stipendi inferiori (“segregazione orizzontale”). 

Cosa centra la cura quindi? E come questa rafforza le diseguaglianze? 

Nell’ambito famigliare, la maggior parte del lavoro di cura di figli, di persone anziane e della casa tende a ricadere sulle donne. Goldin mostra che il gap salariale, inizialmente piccolo, aumenta notevolmente, senza mai chiudersi, con le interruzioni di carriera dovute alla nascita dei figli: nei paesi ad alto reddito, la maternità è una delle principali determinanti della differenza remunerativa. Inoltre, più spesso dei colleghi uomini, le donne hanno contratti di lavoro part-time e carriere intermittenti, ciò incide negativamente sul loro reddito. 

Un ruolo importante è giocato dalle aspettative sociali di cura che potrebbero confliggere con le preferenze individuali reali: le donne si scontrano spesso con l’aspettativa della società di dover assumere il ruolo primario di caregiver, il che le porta a optare per un lavoro part-time o a dare priorità alle responsabilità di cura rispetto alla carriera. D’altra parte, le norme tradizionali di mascolinità impediscono agli uomini di impegnarsi pienamente nella genitorialità e nel caregiving. Questi stereotipi possono dissuadere gli uomini dall’assumere responsabilità di cura, anche quando desiderano un maggiore coinvolgimento. 

La soluzione?

Se da un lato, è assolutamente necessaria la redistribuzione del peso del fondamentale lavoro di cura nell’ambito famigliare, alleggerendo le donne da questo carico che nel lungo periodo rafforza la diseguaglianza, dall’altro va incentivato il superamento del pensiero che ancora attribuisce ai due generi stereotipi e aspettative, che vengono trasmesse e riprodotte continuamente tramite l’educazione dei figli, la comunicazione e gli spot pubblicitari, il linguaggio e tanto altro. 

Il cambiamento culturale è possibile: l’attribuzione del Nobel per l’economia 2023 per gli studi di disparità di genere a Goldin è la prova di un passo in questa direzione.

Sara Salerno

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