Nei villaggi valdostani, le veillà erano i momenti di riunione serale, in cui ci si ritrovava in una cucina o in una stalla e si cantava, si chiacchierava e si raccontavano storie vecchie e nuove. Nei mesi di lockdown, in Valle d’Aosta alcuni nonni e i rispettivi nipoti sono stati protagonisti di esperienze di veillà particolari, rivisitate per l’occasione.
Manuela Lucianaz, professoressa di italiano e latino al Liceo classico di Aosta, ha deciso infatti di trasformare il tempo della pandemia, quando la distanza era la parola d’ordine e forte però era il bisogno di parlare e di trovare risposte, in un’occasione: «perché non cercare una via di scampo proprio nella narrazione, fare come una volta qualche lunga veillà, dimenticando l’ansia delle cose da fare e del tempo che non c’è?». Invitando nonni e nipoti a ritrovarsi dietro uno schermo o a debita distanza, Manuela Lucianaz ha raccolto le loro chiacchierate nel libro Veillà – Dialoghi fra generazioni in Valle d’Aosta (END Edizioni, 2021).

Concepito come una raccolta di lettere tra nonni e nipoti, il libro regala squarci sulla vita valdostana di una volta, fatta di lavoro duro, tanta povertà ma molta meno incertezza rispetto alla realtà delle nuove generazioni. Lo scopo del dialogo intergenerazionale è proprio quello di favorire la trasmissione di quei segreti per una ‘longevità serena’ che gli anziani protagonisti del libro sembrano custodire. «Se lo spirito è vivo il tempo non passa e, anzi, la vecchiaia e i tempi difficili possono essere un dono», scrive nell’Introduzione l’autrice, che aveva già delicato a questo tema il suo primo libro L’età dell’oro – L’âge d’or. Memorie di centenari (o quasi) della Valle d’Aosta (END Edizioni, 2021).

La chiave per rendere ogni momento della propria vita, anche il periodo pandemico, un’‘età dell’oro’ sembra essere allora la capacità di vivere nella semplicità, sapendo essere grati di ciò che si ha perché «ce n’è in abbondanza per essere felici», come rivela Céline Vésan a sua nipote Sylvie Blanc. Ma, soprattutto, imparare l’arte del prendersi cura: dei propri cari, della comunità, che diventa quasi una seconda famiglia, della terra, che dà i suoi frutti solo se ci si sporca le mani ogni giorno.
Nella capacità di accudire gli altri si trova la forza per andare avanti e per scacciare via i pensieri negativi rimboccandosi le maniche. Come ha fatto Céline Vésan, che si è occupata per lunghi anni del marito, colpito da un brutto infarto cerebrale. «Alcuni mi dicono: ‘Chi te l’ha fatto fare di sposare lui? Hai fatto una vita di sacrifici’, invece io, se tornassi indietro, lo sposerei di nuovo».

La dedizione e, quasi, la devozione per gli altri, per le proprie passioni e il proprio lavoro sembra essere condivisa dai giovani destinatari delle lettere. I nonni, a loro tempo, si sono presi cura dei nipoti e ora questi ultimi vogliono ricambiare. Così, Sofia Alessandro ha deciso di occuparsi del nonno Anselmo Gino Daguin, dopo che la sua badante è andata via. Jefferson Curtaz, invece, ha ereditato la passione per il volontariato del nonno aderendo al servizio di vigile del fuoco e alla Société Ouvrière del paese.

Avere cura delle cose significa anche mostrare impegno nel proprio lavoro e inseguire con costanza le proprie passioni. Quella per lo sport accomuna Simone Gemelli e il nonno Marino Benzo, che gli ricorda però di non trascurare la famiglia e la comunità: «Vorrei che tu capissi che sono delle dimensioni molti importanti della persona, senza le quali non esiste la felicità. Gran parte del mio tempo libero infatti l’ho dedicato anche ad aiutare mamma e zia quando ne avevano bisogno e, allo stesso tempo, alle necessità del paese».

Saper condividere le proprie passioni con altre persone ripaga anche nei momenti di difficoltà, come dimostra la vicenda di Adolfo Gérard, che con la sua Cogne e il gruppo folkloristico Lou Tintamaro ha condiviso tutta la sua vita e vi ha ritrovato la forza per andare avanti dopo un lutto: «Tanti amici hanno fatto cerchio attorno a noi, com’è normale in una comunità coesa come la nostra, e piano piano ho ricominciato a vivere e a confezionare tamburi, anzi col tempo ne ho fatti sempre di più!».

Farci prossimi a ciò che ci sta intorno, imparando a prenderci cura di noi stessi, degli altri e del contesto in cui viviamo è una lezione che va oltre i ‘buoni propositi’ da lockdown e invita a non essere mai indifferenti. Innanzitutto nei confronti dei propri cari, trovando delle scuse per interrogarli, come incoraggiano i versi di Battiato che aprono il libro: «E ti vengo a cercare / con la scusa di doverti parlare / perché mi piace ciò che pensi e che dici / perché in te vedo le mie radici».
Elena Del Col
© Credit immagini: Veillà – Dialoghi fra generazioni in Valle D’Aosta (END Edizioni, 2021)