La nostra Oriana ci ha lasciati nel 2006, all’età di settantasette anni, in seguito a un cancro, parola che nessuno aveva il coraggio di pronunciare per indicare la ‘malattia‘ che la consumò. Nel suo libro Oriana Fallaci intervista se stessa – L’Apocalisse, descrisse proprio questo tabù generalizzato nei riguardi del cancro:
Il chirurgo che mi aveva operato disse: «Le do un consiglio. Non ne parli con nessuno». Rimasi allibita. E così offesa, non ebbi la forza di replicare: «Che cosa va farneticando?!? Avere il cancro non è mica una colpa, non è mica una vergogna! Non è nemmeno un imbarazzo, visto che si tratta d’una malattia non contagiosa». E per settimane continuai a rimuginare su quelle parole che non comprendevo. Poi le compresi. Perché se dicevo d’avere il cancro molti mi guardavano come se avessi la peste descritta da Manzoni ne I promessi Sposi.
L’ultima battaglia fu proprio questa: contro l’‘Alieno’, come lo chiamava lei, che tentava di sopraffarla. Ma anche questa guerra, la nostra Oriana, la vinse. Nell’intervista al TG1 Sette, nel 1993, infatti, quando era nel pieno della sua lotta contro il cancro, affermò: «Io voglio dire questo, io ho sempre amato disperatamente la Vita […]. Ma ora sono ancora più contenta di essere nata, ancora più convinta che la vita sia bella anche quando è brutta […]: il bello è molto più bello, il buono è molto più buono». Non è forse una vittoria riuscire ad amare la vita, anche per le sue ombre, il trionfo di quello per cui aveva sempre lottato? Un mondo migliore?
Oriana Fallaci nacque il 29 giugno del 1929 a Firenze, dove visse la sua infanzia e giovinezza. Era l’epoca della dittatura fascista e, in quel periodo, aveva il compito di consegnare armi, giornali clandestini e messaggi segreti ai partigiani. Era la prima di quattro figlie e un’ottima studentessa, con qualche problema disciplinare. Il suo rapporto con il giornalismo iniziò prestissimo, anche grazie al merito di suo zio Bruno che era direttore del quotidiano Epoca. Scrisse per importanti giornali e visse la sua vita sfidando la paura, scrivendo e osservando il mondo dalle sue diverse angolature. Era eclettica. Tra i vari argomenti, si occupò della condizione femminile nel mondo, della guerra in Vietnam, della Roma della Dolce vita di Fellini, della Hollywood di Hitchcock, della politica italiana e del terrorismo islamico.
Il suo stile divenne famoso e acclamato dalle maggiori testate e ben presto divenne uno scrittore, come lei stessa si definiva, al maschile, di fama mondiale. Riceveva fiumi di lettere piene di gratitudine per il suo appassionato amore per la verità che la contraddistingueva dagli altri giornalisti. Nelle sue carte inedite del marzo 1983, leggiamo: «Io ricevo una quantità incredibile di posta: da ogni parte del mondo. […] Ebbene, questo mi commuove, a volte, ma nello stesso tempo mi disturba. Io non sono la Giovanna d’Arco o l’Achille che alcuni, addirittura, vedono in me. Sono soltanto una persona che ha il coraggio di dire quello che pensa, di fare quello che crede debba essere fatto, di vivere come vuole vivere: senza paura».
Durante gli anni Settanta s’innamorò di Alexandros Panagulis, il leader della resistenza greca alla dittatura dei Colonnelli. Oriana seguiva le sue imprese sui giornali e, in seguito alla sua scarcerazione, volle intervistarlo. Quell’uomo affascinante la conquistò. In particolare, racconta, per il desiderio di libertà e la forza che gli permettevano di opporsi al potere, nonostante anni di prigionia e torture. Nella conferenza del 1976, all’Amherst College (Massachusetts), affermò: «L’uomo che amavo, […] un altro ingenuo, diceva che la politica è un dovere del cittadino. Un dovere prima d’essere un diritto. Per l’appunto le stesse parole con cui usava definire la libertà: “la libertà è un dovere prima di essere un diritto.”». Il loro amore, tuttavia, si concluse con il tragico epilogo della morte di Alexandros, in seguito ad un incidente d’auto.
Nonostante la forte sofferenza, Oriana non si arrese. Continuò la sua lotta politica con la sua migliore arma: l’Olivetti Lettera 32. Si trasferì a New York dove, pochi anni dopo, assistette al drammatico 11 Settembre. Dopo questo evento, che la sconvolse profondamente, pubblicò un lungo articolo sul Corriere della Sera che, successivamente, si trasformò nel suo libro La Rabbia e l’Orgoglio.
Oriana si distinse per il coraggio di dire la verità. Così infatti affermò alla conferenza nel Massachusetts: «Quando non sarete d’accordo con le mie opinioni (e temo che avverrà perché sono piuttosto scomoda, come forse sapete), dovrete pensare che – per queste opinioni – pago sempre un prezzo elevato. Fatto di angoscia, rabbia, solitudine e perfino minacce, insulti, odio. […] Il nostro compito non è compiacere il potere. Il nostro compito è informare e risvegliare la consapevolezza politica delle persone.»
Ecco la sua vocazione: smuovere le coscienze nella sua maniera inconfondibile, ammaliante e brutale. Ma noi riusciamo ad accogliere la sua provocazione? O abbiamo paura?
Camilla C.
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