Bianco e Nero

Il vento non soffiava eppure la bandiera di quello accampato a Nord non si riusciva a vedere, tanto era il trambusto di polvere e scarpe sollevate in marce, e impartire ordini urlare di mettersi corazze.

Quello a Sud era già morto forse. Dal suo campo non si levava nulla, né un grido né un granello di polvere.

Se quello a Nord si fosse scrollato di dosso le urla e gli ordini, se solo per un attimo avesse preso in mano il cannocchiale e ci avesse messo dentro l’occhio, avrebbe visto. Avrebbe visto che quello a Sud non era morto, e forse avrebbe marciato urlato e dato ordini con ancora più impeto gola e nervi. E non perché quello a Sud era ancora vivo, no.

Quello a Sud era seduto sulla stuoia davanti alla sua tenda, una stuoia comoda di velluto. Stava seduto a gambe incrociate bevendo tè, col suo abito bianco lasciato al vento. Si capiva che la guerra era lì anche per lui soltanto per un dettaglio insignificante, che in mezzo al tè, al velluto della stuoia e al bianco abito danzante una spada a mezzaluna gli sporgeva dal fianco destro.

Mentre quello a Sud beveva il tè seduto sulla stuoia, quello a Nord era giunto al suo apice di urla e di ordini. Era inevitabile fin dall’inizio, quello a Nord esplose nell’attacco. Altra polvere, altre marce. Quando arrivò all’accampamento a Sud, quello del Sud era ancora seduto sulla stuoia, ma visto che il tè era finito e che quell’altro del Nord era ormai a pochi metri, si alzò.

Fu un attimo: il volto contratto di quello del Nord, un sorriso beffardo sul volto del Sud, la mezzaluna volteggiare in aria. La testa di quello del Nord scivolare con slancio in mezzo alla polvere. Quello del Sud prese la sua borraccia, posata fino ad allora al fianco della stuoia, e si avviò per andarsene. Niente più polvere grida e marce.

Ma un brandello nero della veste di quello del Nord, un brandello nero di cui non si era accorto si vedeva ora pendere dal suo abito bianco, e ora non svolazzava più con leggerezza nel vento.

Christian Mella

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