Brevi indicazioni per Chinatown (e oltre) – parte 1

Fuggite via con l’intelligenza del corvo, e allora potrete vedere con i vostri occhi e annusare con il vostro naso il volto vero di Chinatown. Dovrete fuggire con lestezza i karaoke al neon e i negozietti di baozi a sei euro per quattro pezzi. Per quella cifra, fidatevi di me, se fossero veri baozi ne comprereste almeno dodici. Quelli che trovate nei negozietti alla portata della vista di tutti sono baozi patinati, e la patinatura si fa pagare.

Ma se vi prendeste un pomeriggio, o una sera senza impegni, e aveste il coraggio di perdervi oltre la via principale di Paolo Sarpi, e addentrarvi nei vicoletti dove intere generazioni non parlano italiano ma soltanto mandarino, allora potreste incontrare sì i veri baozi, e forse altro. Dovreste camminare senza fretta, e allenare l’occhio a scorgere i cortili di corti nascoste, i cui cancelli non sono chiusi col battente, ma soltanto accostati.

All’interno di questi cortili, o almeno di alcuni di essi, se siete fortunati troverete una di quelle tradizioni che la Cina si porta dietro da anni, e che nemmeno i decenni di Mao sono riusciti a far scomparire: come funghi dormienti in attesa di pioggia, dopo l’apertura di Deng sono rispuntati fuori. Piccole stanzette, forse adibite originariamente a bagni di servizio, oppure a dignitose verande, riadattate in cucinette di fortuna. A pranzo e a cena, per pochi euro o pochi yuan, danno ai lavoratori un buon pasto caldo cucinato con rigore di tramandi secolari, di ricette lasciate in eredità con gelosia. Ognuno di questi segreti ristoranti non cucina se non poche pietanze, a cui le mani del cuoco o della cuoca riservano tutte le proprie attenzioni. C’è chi prepara i baozi di carne o di gamberi, chi qualche pentola di fuoco con calamari, chi i tagliolini con brodo di interiora di anguilla.

Questi cuochi casalinghi non sono soliti alla presenza di stranieri, ma quando qualcuno riesce a trovare la mappa segreta di questi luoghi, loro li accolgono contenti e anche un poco fieri, forse, di poter mostrare le proprie abilità a qualche nuovo palato. Spesso, in questi intimi luoghi stazionano dei vecchietti, a occupare una seggiola in plastica dei due o tre tavolini presenti. Alcuni danno una mano ai figli nella preparazione delle cibarie, altri non sono parenti di nessuno e stanno semplicemente lì a far passare il giorno, fumando o bevendo birra di riso, all’ombra di colorati e sgualciti ombrelloni.

© Credit immagini: Foto di Iris Erlind da Pexels: https://www.pexels.com/it-it/foto/italia-porta-centro-culturale-tiro-verticale-11892772/

Christian Mella