Punta Sacra, il regno luminoso alla fine del Tevere

Punta Sacra è il titolo di un luminosissimo documentario diretto da Francesca Mazzoleni, scritto insieme alla comunità dell’Idroscalo di Ostia, e che nel 2021 conquista il David di Donatello come miglior documentario.

Punta Sacra è chiamata così perché alla Foce del Tevere, ovvero dove il fiume che attraversa Roma trova la sua fine, ci deve essere per forza qualcosa di sacro, di misterioso, quasi celeste, fatto di una luce che buca lo schermo per novanta minuti.

In prima linea nel racconto ci sono le donne, che per generazioni lottano contro l’accusa di abusivismo per poter rimanere nel posto in cui hanno scelto di vivere. Qui loro guardano verso l’unico punto in cui possano guardare: in avanti. Un luogo senza tempo, dove anche nonna Franca, la voce narrante insieme a sua nipote Silvia, si sente ancora un’adolescente, mentre canta l’Hallelujah davanti a tutti sul palco di Natale.

Altalene pericolanti, muri che si sgretolano, case piccole e piene. L’acqua che ogni tanto entra sotto le porte per fare visita. Una canzone rap di un’artista mezzo italiano e mezzo cileno che quando arriva a Punta Sacra dice di aver trovato il paradiso. Ti aspetti che siano persone ignoranti, che si esprimano con un vocabolario improvvisato. Invece niente di tutto questo. Si interrogano su questioni profonde (‘cosa rimarrebbe se il mare si svuotasse?’), dialogano, si ascoltano l’un l’altro, si confrontano sul futuro. I loro problemi sono uguali ai nostri, problemi di madri che provocano le figlie, e problemi di figlie che se la prendono con le madri. L’unica differenza è che alle loro spalle c’è Roma, un’eco lontana, come il passato che le ha ferite facendole sentire senza casa.

Punta Sacra esplora cosa significa avere radici, resistere per averle.  

Cristina Ferrazzi

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.