“Non è vanitoso, vuole soltanto condividere le cose belle. Secondo me Dio si incazza se passi davanti al colore viola di un campo qualunque e non ci fai caso.”
Alice Walker
Nei caldi pomeriggi di aprile, quando i prati accolgono i colori della primavera, io e mia nonna eravamo solite passeggiare nei sentieri dietro casa. Ai bordi della pista ciclabile, minuscoli fiorellini azzurri accompagnavano i nostri passi verso la meta, ogni volta diversa.
«Gli occhi della madonnina» diceva, «sono fiori speciali e non si devono mai raccogliere.»
«E perché?» chiedevo io.
«Perché con questi fiorellini la primavera osserva le cose belle che Dio ha creato per lei.»
Come erano belle quelle passeggiate. I primi raggi di sole accarezzavano le nostre guance pallide, ancora custodi del ricordo del passato, tinteggiandole di rosa, come i primi boccioli dell’albero di pesco che decorava la prima curva della pista ciclabile. Il tiepido venticello, migrato dal sud, leniva la tensione dei nostri muscoli fino ad allora addormentati, risvegliandoli dal letargo della fredda stagione.
«Nonna ma tu ci credi in Dio?»
«Lo vedi questo albero?» rispondeva, «come si può non fermarsi a guardare qualcosa di così meraviglioso?»
Quando la nonna osservava la natura, il suo volto aveva un’espressione poetica. I suoi occhi si stringevano e diventavano lucidi e gli angoli della sua bocca si sollevavano.
A casa sua teneva una grande collezione di libri e di enciclopedie di erboristica e passava le ore dopo il lavoro a curare il suo giardino. Annaffiava i vasi sui davanzali, piantava erbe particolari per infusi e tisane, raccoglieva le erbacce e le foglie cadute per farle seccare e alle volte parlava addirittura con gli alberi, in particolare con la pianta di fichi definendola “dispettosa” perché faceva crescere i suoi frutti troppo in alto.
Nelle nostre passeggiate, studiava spesso i fiori e le piante che incontravamo. «Devo proprio prendermi qualche semino di questa pianta» affermava ogni volta.
«Quanta bellezza intorno a noi e tu ne fai parte piccola meraviglia.»
Allora non capivo tutte le parole che la nonna diceva, ma io amavo quelle passeggiate con lei, i suoi discorsi sulla bellezza e l’amore con cui guardava il mondo intorno a noi. In quei momenti eravamo un tutt’uno con quel sentiero, quegli alberi e quei fiori. C’eravamo solo io, lei e la natura.
Ricordo una delle ultime passeggiate. Dico una delle ultime, perché crescendo si fecero sempre più rari quei momenti.
Diversamente dagli altri pomeriggi, quel giorno uscimmo molto tardi. Incontrammo l’albero di pesco alla prima curva della pista ciclabile e parlammo di come, qualche anno prima, i nidi delle rondini negli angoli delle case fossero più numerosi.
«Tante cose sono cambiate nonna, quest’anno non siamo nemmeno riusciti a fare un pupazzo di neve.»
«È vero, guarda questo pesco, i suoi boccioli sono già sbocciati, ma forse è perché stiamo cambiando e quindi anche le cose belle cambiano. Oggi ne è l’esempio.»
«Ma cosa vuoi dire nonna?»
«È la prima volta che nelle nostre passeggiate ci accoglie il tramonto.»
Ci fermammo a guardarlo.
«Avevi ragione nonna, come si può non fermarsi a guardare qualcosa di così meraviglioso?»
«Non si può proprio, piccola meraviglia.»
Girai leggermente lo sguardo verso la nonna, ma lei mi stava già guardando. Aveva quell’espressione, quella poetica, gli occhi lucidi e un sorriso sulle labbra.
Virginia Galizia
© Credit immagini: https://pixabay.com/it/illustrations/primavera-fiore-fiore-di-primavera-1266612/