Dalla finestra del quarto piano

Dalla finestra al quarto piano del primo palazzo di viale Broglio si potevano vedere: il cortile dal cemento a tratti squarciato, gli stendini dei vicini di fronte, le scale coperte del condominio B e un tratto di strada che portava alla piazza di quartiere.
Dalla finestra dunque si riusciva a vedere sia l’interno, la vita di condominio, con il via vai di persone, biciclette e il sali e scendi dei bambini pre e post scuola, ma anche l’esterno, le consegne dal fruttivendolo e dal fioraio, la fila in banca, il passeggiare intorno alla rotonda, e il gironzolare delle macchine in cerca di parcheggio.


Mara, da quella finestra al quarto piano, vedeva sempre, solo e soltanto il suo amico.


Aveva dieci anni quando, con la sua famiglia, si trasferì nella casa di ringhiera in viale Broglio, al quarto piano. Un bilocale lungo e stretto per due adulti e tre bambini.
Il primo giorno nella casa nuova, Mara si affacciò dalla finestra e rimase senza fiato nel vedere, imponente, un albero che sorgeva dal nulla in mezzo al cemento del marciapiede. Se ne stava lì, possente, a gridare al mondo che la Città non era riuscita ad avere la meglio sulla Natura. Non c’era giorno che passasse senza che Mara andasse a vedere, dalla finestra, tutti i suoi cambiamenti. Con lui Mara imparó a meravigliarsi di fronte al tempo che passa e grazie a lui imparò, letteralmente, a riconoscere il susseguirsi delle stagioni. Nel tempo imparò a vederlo vestito di foglie e ricolmo di fiori, da marzo a settembre, spoglio e buffamente scarno da ottobre a febbraio. Il suo amico albero le insegnò il senso della sincerità e gli trasmise il desiderio di stabilità. Ogni giorno, ogni sacrosanto giorno, lui era per lei l’unica cosa certa all’inizio e alla fine delle sue giornate.


Il loro dialogo era uno scambio senza parole, un mutuo riconoscimento l’uno dell’altra, una pari esistenza in un mondo che lasciava poco spazio per essere se stessi. I due amici si aiutavano a trovare, ogni anno, nuove forme per fiorire, nonostante il cemento, nonostante i cambiamenti.
Mara non dimenticò mai il suo amico, e ancora oggi, nell’incontrare altri alberi, si sofferma sempre a pensare a colui che le insegnò l’arte del mutamento.

Mishel Mantilla

©Image par Uthpal Acharjee de Pixabay

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