Spogliatoio

Le gambe incrociate sulla panchina dello spogliatoio, gli occhi fissi sul cellulare in mano, i pensieri rapidi in testa. 

L’allenamento di oggi mi ha tolto tutte le energie e sto raccogliendo la forza per spogliarmi ed entrare in doccia. Le ragazze intorno a me sono più veloci, immagino abbiano una lista d’impegni molto lunga oggi. A me piace prendermi le mie pause e pensare. 

Adesso sto pensando che se continuo così, forse, il prossimo anno riuscirò a partecipare a una mezza maratona, mi piacerebbe. Cerco sul telefono: 21,0975 km. Credevo meno. Cavolo, è difficile. Beh, ho ancora un anno per allenarmi. Ma se poi non ci riesco? Non è la fine del mondo. Però a questo punto tanto vale rinunciare. No dai. Non lo so. Ci penso. Io continuo ad allenarmi.

Sospiro e mi alzo dalla panchina. Metto il telefono nello zaino, tiro fuori l’accappatoio, l’asciugamano per i capelli, lo shampoo, il balsamo e le infradito. Lentamente, rivolta verso il muro, inizio a spogliarmi. Per ultima cosa sciolgo i capelli: odio la sensazione dei capelli sulla schiena quando sono sudata.

Avvicino il braccialetto all’affare che mi dice in quale doccia andare. Doccia numero 8.

Adesso, con l’acqua che mi scivola sul corpo, sto pensando a Kundera e a L’insostenibile leggerezza dell’essere, al capitoletto in cui scrive: «Lei cercava di vedere se stessa attraverso il proprio corpo. Per questo stava così spesso davanti allo specchio. […]

Quello che l’attirava verso lo specchio non era la vanità bensì la meraviglia di vedere il proprio io. Dimenticava che stava guardando il quadro di comando dei meccanismi del corpo. Credeva di vedere la sua anima che le si rivelava nei tratti del suo viso. Dimenticava che il naso non è che l’estremità di un tubo che porta aria ai polmoni. In esso vedeva l’espressione fedele del proprio carattere.»

Mentre mi tolgo l’accappatoio per rivestirmi, lancio un’occhiata furtiva al mio corpo riflesso nello specchio: le lunghe gambe non sono sottili quanto vorrei, i fianchi sono troppo larghi, la pancia non è abbastanza piatta. Più mi guardo e più trovo dettagli che non mi piacciono. 

Le ragazze intorno a me staranno notando i miei difetti? O sono troppo impegnate a cercare difetti nei loro corpi?

Perché ciò che nei corpi delle altre ragazze reputo normale sul mio corpo è inaccettabile? 

Le foto che vedo su Instagram ritraggono corpi femminili impeccabili, nessuna smagliatura, nessuna ombra di cellulite, le gambe non si toccano tra loro.

Però qui, in questo spogliatoio, non vedo nessuna di quelle immagini a cui la società mi ha insegnato ad ambire. In uno spogliatoio siamo solo corpi, corpi normali, con i loro piccoli difetti. Che poi sono davvero difetti?

Ho sempre odiato gli spogliatoi per la paura che avevo di mostrarmi, ma ora lo trovo un luogo vero, un luogo in cui i corpi smettono di essere un’ossessione e tornano ad essere semplicemente un involucro che ci permette di occupare spazio, muoverci, vivere.

Sono solo corpi.

© Credit immagine: creata con AI Adobe FireFly

Melda Mehja

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