Di fronte ad una stazione di autobus, un pomeriggio autunnale Martina scorse, rapidamente, una coppia di giovani intenti a ridacchiare tra di loro. Il ragazzino aveva i capelli scuri, leggermente ricci e molto folti. La ragazzina portava una coda di cavallo bella alta, che lasciava in vista collo e spalle, sulle quali il ragazzo teneva appoggiato un braccio. Al guardarli, Martina pensò che i due dovessero avere al massimo 15 anni e che forse erano buoni amici, poiché ridevano di una complicità genuina e profonda. Poi all’improvviso, proprio quando Martina si trovava all’altezza del punto in cui i due ragazzini si parlavano, le risate cessarono, lui si fece serio e in uno slancio incontrollato, circondò le spalle della ragazzina con l’altro braccio, stringendola dolcemente, per una frazione di secondi, in un timido abbraccio.
La vista di quel gesto impacciato ma autentico, di quelle giovani guance che diventarono leggermente rosse, del silenzio che avvolse i giovani una volta che i loro corpi si furono staccati, la riportò indietro nel tempo, al momento esatto in cui ad essere protagonista di un abbraccio fu lei, nei suoi 15 anni, esattamente 15 anni fa.
Martina se lo ricordava come se fosse stato ieri, come se fosse quasi capace di rivivere quelle sensazioni sulla sua pelle, nelle sue viscere. Nel campo estivo in cui andava ogni anno, l’estate dei suoi 15 anni Martina conobbe Giovanni, un ragazzino dagli occhi vivaci e dal sorriso cordiale. Giovanni era forte, aiutava quando poteva gli animatori a preparare le attività, se poteva dava una mano a far smettere di piangere i bambini più piccoli e, ogni volta che gli era possibile, strappava un sorriso a qualcuno. Giovanni era persino riuscito a far sorridere, più di una volta, la direttrice del centro, anche se nessuno sapeva quali argomenti avesse utilizzato per smuovere la felicità in una donna quasi sempre in preda alle preoccupazioni e percio’ severa.
Giovanni era alto, dinamico e amava fare battute divertenti per far ridere i suoi amici. La sua risata poi, Martina se la ricordava bene. Giovanni sorrideva con gli occhi, gli stessi occhi che un giorno prolungarono lo sguardo su Martina, facendola dapprima sentir stranita, poi lusingata e infine allibita. Giovanni l’aveva davvero guardata? No, non era possibile, Martina aveva dovuto immaginarlo. Giovanni doveva star guardando qualcosa dietro di lei, o forse un’altra persona.
Eppure da quel giorno, i sorrisi di Giovanni, come i suoi occhi, si dirigevano spesso verso Martina, che a fatica riusciva a reggere il contatto visivo, figuriamoci ricambiare un sorriso.
Sempre da quel giorno, Giovanni cominciò a sedersi allo stesso tavolo di Martina a colazione, a farle domande banali ma divertenti, a camminarle vicino, ogni tanto, badando bene ad avere prima il suo consenso. Un giorno, camminando uno accanto all’altro, a Martina parve che Giovanni avesse, volontariamente, accorciato la distanza che li separava, poiché le loro mani si erano quasi sfiorate tra una battuta e l’altra. Di quei giorni Martina ricorda l’agitazione del suo corpo, il respiro irregolare, il contorcersi delle sue budella non appena vedeva Giovanni e il camminar leggero e beato quando lui era al suo fianco. Giovanni la faceva sempre ridere. Giovanni la vedeva. Era forse questa la felicità?
Il giorno in cui Giovanni, in una delle loro passeggiate, appoggiò il suo braccio intorno alle sue spalle, chiedendole se le desse fastidio, lei avrebbe voluto gridare al mondo che no, non le dava fastidio, che anzi, avrebbe potuto sciogliersi su di lui, come oro fuso pronto ad assumere qualunque forma e restare lì per sempre. Per sempre. Giovanni sapeva di sapone misto a sale misto ad una dolcissima fragranza agrumata. Era forse questo l’odore dell’amore?
A distanza di anni, Martina ricordava quelle scene con una dolcezza incredibile e ora, all’età di 30 anni, si chiedeva se i giovani appena sorpassati provassero le stesse sensazioni che aveva provato lei 15 anni fa.
Mishel Mantilla
Immagine creata con AI Adobe FireFly