C’era una volta è un modo banale per iniziare una storia quindi partirò dal presentarmi.
Ciao, mi chiamo Elia, ho 13 anni e ho appena iniziato la prima superiore. Sono magrolino e basso, introverso e silenzioso, insomma, uno di quei bambini della cui presenza raramente ti accorgi.
Pensate che una volta sono rimasto chiuso nel bagno della scuola per più di un’ora e se non fosse entrato il bidello a quest’ora non sarei qua a parlare con voi. Adesso nella vostra testa ci sará un pensiero fisso “poverino”, ma non potrei essere più contento di cosí.
Li sentite i discorsi che fanno i miei coetanei? Imbarazzanti, insensati e superficiali, io posso benissimo farmi compagnia da solo.
Ho sempre pensato di essere più intelligente della media, non che io prenda chissà quali voti, ma la vera intelligenza, secondo me, sta nel capire come funziona la propria testa. Sembra insensato lo so, ma pensateci, la vostra testa come funziona?
Ecco, ad esempio, come immagino la mia.
Alla fine di un lungo corridoio con piccole e colorate porte ai lati, intitolate come gli aspetti, a parer mio, più superficiali della vita – felicità, amicizia, serenità, amore – vi si trova un grosso portone, grigio, di legno, con una maniglia di ferro arrugginita.
Dentro la stanza, una volta superata la porta, si trovano delle scale, grigie, rovinate, cupe, credo siano all’incirca undici scalini.
In cima alle scale c’è un grosso portone, grigio, di legno, con una maniglia di ferro arrugginita. Dentro la stanza, una volta superata la porta, si trovano delle scale, grigie, rovinate, cupe.
Ciao, sono Elia, ho 13 anni e mi trovo da solo in una stanza, grigia, cupa, con solo un letto e delle catene che mi trattengono non appena partono i miei attacchi d’ira.
Ciao, sono Elia, quando avevo 3 anni mi è stata diagnosticata la schizofrenia, la mia testa è un loop e ci sono intrappolato dentro.
Non sono mai andato a scuola, ho solo attraversato una di quelle piccole porticine colorate.
Diana Travascio
Istituto Pavoniano Artigianelli